L. Carroll|Mondadori | 288 pp. | €10,00
Inseguendo un curioso coniglio col gilè, Alice finisce in un paese dove anche le cose più semplici, le più normali, sono buffe, pazze, completamente ingarbugliate. Il suo viaggio nel paese delle meraviglie è una continua sorpresa tra giochi di parole, filastrocche strampalate, canzoncine senza capo né coda.
"Addentrarsi nella tana del Bianconiglio e recuperare le ceneri di un tempo ormai andato"
Una favola, un ripercorrere a ritroso gli anni passati, un incontro ravvicinato con le fantasie di un'infanzia troppo breve, che fugge, che da quotidianità spensierata diviene un nostalgico ricordo. Alice è ancora in grado di immaginare, di creare storie, di dipingere su tela i suoi personaggi, i suoi ambienti, le sue paure e le sue speranze; Alice è la capacità di guardarsi dentro, di vedere ancora il mondo con occhi ingenui e innocenti; è la possibilità di evadere dalla realtà troppo stretta e troppo definita per fuggire in mondo caotico, senza regole, dove l'assurdo diventa razionale e dove le regole lasciano spazio alla libertà di essere, di agire, di sognare. Contrariamente, la sorella rimane ferma sul limitare del bosco, incapace di attraversarlo, impossibile per lei entrare in quel mondo che la sorella sogna e immagina facilmente: crescendo, l'adulto perde contatto con l'eterno bambino che è stato, ritrovandosi in grado di vedere solo quello che gli occhi gli mostrano, non può più andare oltre. Un nostalgico addio all'infanzia e una dolce esaltazione del potere immaginativo. Questa è stata la mia chiave di lettura nonostante molteplici siano state le interpretazioni e la trama stessa si riempa di intricati richiami e giochi matematici. Tuttavia un altro aspetto che ho notato è che però il fatidico "Paese delle Meraviglie" non è così fantastico come sembra: i personaggi, per lo più animali parlanti e carte da poker, si caricano di comportamenti umani sregolati e poco virtuosi (basti pensare al Bianconiglio ossessionato dal tempo che scorre velocemente, al Cappellaio Matto e alla Lepre Marzolina che non fanno altro che vivere una realtà statica compiendo sempre lo stesso rituale intorno al tavolo da tè, alla Regina di Cuori che appare un essere spietato e insicuro, capace solo con la sua tirannia di decretare, e con facilità, la morte di tutti coloro che la intralciano anche per motivi abbastanza futili) creando in Alice non tanto un senso di spensieratezza quanto di sconcerto e solitudine. Che sia una critica ai canoni dell'età vittoriana è molto probabile. Essendo abbastanza curioso di conoscere questo mondo e le allusioni sottese ho fatto qualche ricerca che condivido con voi trattando alcuni punti salienti:
- La prima versione del libro che poi diventò Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie fu scritto prima del Natale del 1864, appositamente per una bambina di nome Alice Liddell. Come intestazione di quella prima copia Carroll scrisse: «Come regalo di Natale a una cara bambina in memoria di un giorno d’estate». Carroll e Liddell rimasero amici per anni, fino a che lei non partì per viaggiare in Europa: i due, negli anni, smisero poi di frequentarsi. In alcune occasioni successive Carroll disse anche che Alice Liddell fu solamente una fonte di ispirazione per l’Alice protagonista della sua storia.
- La protagonista è Alice, una bambina disambientata alla ricerca di un'identità, al riparo dai proibizionismi dell'età vittoriana. E' come se la sua libertà fosse perennemente ostacolata dal rigore morale e dalle imposizioni esterne. Per questo motivo, tutte le conversazioni che lei intraprenderà, non hanno senso, proprio perchè la bambina non riesce ad entrare nel meccanismo dell'obbedienza, dei finto rigore morale, delle regole di conversazione e apparenza tanto care all’età vittoriana. Tutte le risposte che il brucaliffo e lo stregatto danno ad Alice, nascono dal desiderio di contraddire la piccola, come rappresentazione del divieto dell'età del proibizionismo.
- "Tagliatele la testa" è un aforisma citato per esorcizzare la paura che personaggi politici del tempo perdessero il controllo. In questo modo si imponeva una morale di classe totalitaria.
- Molti sono i poemetti e tutti hanno un significato specifico. Ad esempio, How Doth the Little Crocodile è la parodia di una poesia molto nota all'epoca di Carroll "Against the Idleness and Mischief" (trad. "Contro l'Ozio e le Malefatte"), inclusa nella raccolta di componimenti poetici del teologo Isaac Watts (1674-1748) che ammirava la costante laboriosità delle api. Carroll, invece, voleva sottolineare la cosiddetta "operosità" da parte del Coccodrillo, impegnato a dischiudere le sue “gentil fauci “dopo che un gruppo di pesciolini vi si era addentrato. L'autore vuole concentrarsi su due dei peccati capitali, ovvero la cupidigia e la vanità, impersonati nella figura del Coccodrillo.
VOTO:
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