"Per
i suoi scritti a più voci, un monumento alla sofferenza e
al
coraggio nel nostro tempo"
Svjatlana
Aljaksandraŭna Aleksievič è
una giornalista e scrittrice bielorussa,
insignita del Premio Nobel per la letteratura 2015.
È
nota soprattutto per essere stata cronista, per i connazionali,
dei principali eventi dell'Unione Sovietica della seconda metà
del XX secolo: dalla guerra in Afghanistan, al disastro di
Černobyl', ai suicidi seguiti allo scioglimento dell'URSS.
Su
ognuno di questi particolari argomenti ha scritto libri, tradotti
anche in varie lingue, che le sono valsi la fama internazionale e
importanti riconoscimenti. Delle sue vicende biografiche è oggi
noto soprattutto che, perseguitata dal regime del presidente
bielorusso Aleksandr Lukašenko, è stata costretta a lasciare
il paese perché su di lei gravava l'accusa di essere un'agente
della CIA
"Questo
libro non parla di Cernobyl' in quanto tale, ma del suo mondo.
Proprio di ciò che conosciamo meno. O quasi per niente. Ad
interessarmi non è l'avvenimento in sé, vale a dire cosa sia
successo e per colpa di chi, bensì le impressioni, i sentimenti
delle persone che hanno toccato con mano l'ignoto. Il mistero.
Cernobyl' è un mistero che dobbiamo ancora risolvere... Questa è la
ricostruzione non degli avvenimenti, ma dei sentimenti. Per tre anni
ho viaggiato e fatto domande a persone di professioni, generazioni e
temperamenti diversi. Credenti e atei. Contadini e intellettuali.
Cernobyl' è il principale contenuto del loro mondo. Esso ha
avvelenato ogni cosa che hanno dentro, e anche attorno, e non solo
l'acqua e la terra."
Svetlana
Aleksievicˇ fa parlare qui i protagonisti di un’altra grande
tragedia della storia sovietica: la guerra in Afghanistan tra il 1979
e il 1989. Un milione di ragazzi e ragazze partiti per sostenere la
“grande causa internazionalista e patriottica”; almeno
quattordicimila di loro rimpatriati chiusi nelle casse di zinco e
sepolti di nascosto, nottetempo; cinquantamila feriti; mezzo milione
di vittime afgane; torture, droga, atrocità, malattie, vergogna,
disperazione... Gli afgancy, i ragazzi che la guerra ha trasformato
in assassini, raccontano ciò che si è voluto nascondere. Accanto a
loro, un’altra guerra. Quella delle infermiere e delle impiegate
che partirono per avventura e patriottismo. E soprattutto le madri.
Dolenti, impietose, stanche, coraggiose.
"Per
me non è tanto importante che tu scriva quello che ti ho raccontato,
ma che andando via ti volti a ouardare la mia casetta, e non una ma
due volte". Così si è rivolta a Svetlana Aleksievic,
congedandosi da lei sulla soglia della sua chata, quella contadina
bielorussa. La speranza di avere affidato il racconto della sua vita
a qualcuno capace di vero ascolto non poteva essere meglio riposta.
Far raccontare a donne e uomini, protagonisti e vittime e carnefici,
un dramma corale, quello delle "piccole persone" coinvolte
dalla Grande Utopia comunista, che ha squassato la storia
dell'URSS-Russia per settant'anni e fino a oggi, è il cuore del
lavoro letterario di Svetlana Aleksievic. Questo nuovo libro, sullo
sfondo del grande dramma collettivo del crollo dell'Unione Sovietica
e della tormentosa e problematica nascita di una "nuova Russia",
costituisce il coronamento ideale di un lavoro di trent'anni: qui
sono decine i protagonisti-narratori che raccontano cos'è stata
l'epocale svolta tuttora in atto: contadini, operai, studenti,
intellettuali, dalla semplice militante al generale, all'alto
funzionario del Cremlino, al volonteroso carnefice di ieri forse
ormai consapevole dei troppi orrori del regime che serviva. Nonché
misconosciuti eroi sovietici del tempo di pace e del tempo di guerra,
i quali non sanno rassegnarsi al tramonto degli ideali e alle
mediocri servitù di un'esistenza che, rispettando solo successo e
denaro, esclude i deboli e gli ultimi.
La
conoscete? Avete letto qualcosa?
Tra
i finalisti al Nobel, chi avreste fatto vincere?
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