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giovedì 2 aprile 2015

Recensione: Uno studio in rosso di Arthur Conan Doyle

Ben ritrovati carissimi lettori! Come vanno le vostre letture?
Oggi vi presento le mie opinioni riguardo il primo romanzo che racconta le vicende di Sherlock Holmes, uno dei personaggi più conosciuti e amati della letteratura, a cui noi avevamo dedicato un articolo qui. Non è sicuramente uno dei generi letterari più affini a me  ma,  mosso dalla curiosità, volevo almeno poter dire di aver letto qualcosa.

UNO STUDIO IN ROSSO

Mondadori | 140 pp. | €8,50

Il 1887 rappresenta una data di grande importanza per la letteratura poliziesca. Nel novembre di quell'anno, infatti, Arthur Conan Doyle, all'epoca uno sconosciuto medico di periferia, dava alle stampe Uno studio in rosso, il romanzo che vedeva l'esordio di due tra i più famosi personaggi letterati di tutti i tempi: il dottor Watson, sotto le cui modeste spoglie si celava un alter ego dell'autore, e il geniale e inimitabile Sherlock Holmes, il detective per antonomasia. Il libro, grazie al suo intreccio innovativo e avvincente, conquistò subito un vasto pubblico. Conan Doyle, infatti, dopo aver illustrato l'incontro tra i due futuri inseparabili amici, portava immediatamente al centro dell'azione i suoi lettori, coinvolgendoli in una frenetica caccia a un misterioso quanto insospettabile assassino. Nasceva così un nuovo modo di raccontare una storia, e soprattutto prendeva l'avvio una leggenda che, nonostante il passare dei decenni, conserva intatto il suo straordinario fascino.


"Gli lampeggiavano gli occhi mentre parlava. Si portò la mano al cuore e fece un inchino
come se rispondesse agli applausi di una folla evocata dalla sua fantasia."


Chi non conosce la figura di Sherlock Holmes? Libri, cinema, serie televisive, arte: non c'è mezzo attraverso cui tale personaggio emblematico non sia stato proposto a svariate generazioni a partire dalla fine del 1800. Come definire la lettura di questo piccolo romanzo? Un incontro piacevole. Attraverso i ricordi e le memorie del Dr. Watson, si snodano gli elementi intricati della prima avventura di Sherlock Holmes che si muove tra le strade di una Londra dal fascino eterno, tra omicidi e misfatti, segreti e indizi che soltanto un acuto osservatore sa cogliere, cercando di sciogliere quello che lo stesso definisce (e da qui il titolo del romanzo) la matassa incolore della vita nella quale corre il filo rosso del delitto: il suo compito consiste nel dipanarlo, nell'isolarlo, nell'esporne ogni pollice. Nonostante nel corso delle narrazioni successive l'investigatore subisca alcune modifiche caratteriali e abitudinarie, già a partire dalle prima pagine, attraverso gli occhi increduli e pieni di stima di Watson, si delineano le caratteristiche fisico-caratteriali essenziali che hanno consacrato la figura di Holmes:


"Di statura, Holmes superava il metro e ottanta ed era così magro che sembrava più alto. Aveva gli occhi acuti e penetranti, salvo in quei periodi di torpore di cui parlavo prima; il naso, affilato e un po' aquilino, conferiva al suo volto un'espressione vigilante e decisa. Anche il mento, squadrato e pronunciato, denotava salda volontà. Aveva le mani sempre macchiate d'inchiostro e di sostanze chimiche, eppure possedeva una straordinaria delicatezza di tatto. [...]
Mentre parlava, trasse di tasca un metro e una grossa lente d'ingrandimento rotonda. 
Armato di quei due strumenti si mise a trotterellare in silenzio per la stanza, fermandosi
qua e là, e, di tanto in tanto, inginocchiandosi. Una volta si sdraiò addirittura al suolo. Era
così assorto che sembrava aver dimenticato la nostra presenza. Infatti, continuava a parlar
da solo, sottovoce, prorompendo di continuo in esclamazioni, sbuffate, fischi e piccole
grida di giubilo e di speranza."


"Uno studio in rosso" è quindi il racconto di un incontro, quello tra Watson e Holmes,  e della nascita di una amicizia; è il racconto di una vendetta perpetrata per anni prima di giungere al compimento; è la dimostrazione di come l'animo umano si perda dietro ai sentimenti  e alle ambizioni nonostante le debolezze fisiche e le avversità; è il racconto di un sopruso, della prevaricazione del forte sul debole; è il racconto dell'inizio, del venire alla luce del personaggio letterario ispirazione in diversi ambiti. Innovativo il personaggio, innovativa la struttura. Il volume è spaccato in due parti tanto che il lettore, a un certo punto, ha la sensazione di trovarsi di fronte a due vicende diverse ma, in realtà, collegate tra loro da un sottile filo conduttore: la prima parte racconta l'incontro fortuito tra Watson e Holmes e l'omicidio attorno al quale fioriscono i misteri che sembrano non intaccare tuttavia la logica dell'investigatore; nella seconda parte, ambientata nell'America del Nord di qualche decennio prima, vengono spiegati i moventi e i sentimenti dell'assassino. Questo è stato forse l'aspetto che più mi ha sorpreso e colpito: piuttosto che far spiegare all'assassino stesso in un interrogatorio il proprio movente... perchè non raccontarlo? Il ritmo è incalzante e persuasivo e fa correre il lettore veloce sui binari della narrazione.. ma il lettore resta pur sempre a qualche passo di distanza dal grande investigatore a cui tutto sembra chiaro sin dal principio, a cui nulla sfugge, che ha sempre una carta in più da giocare.
 


VOTO:


Voi lo avete letto?
Che ne pensate?


5 commenti:

  1. Ci credi che non ho mai letto nulla di suo? Non so, non riesce davvero ad ispirarmi.

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    1. Neanche io avevo letto nulla anche perché non è il mio genere totalmente.
      Però l'ho fatto per curiosità, ovviamente penso non leggerò altro però... questo genere non fa per me T.T

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  2. Io adoro il romanzo giallo però di Doyle ho letto solo questo e purtroppo mi ha un po' deluso. Avevo altissime aspettative per questo libro e anche se mi è abbastanza piaciuto non mi ha soddisfatto del tutto. Non mi è piaciuta la seconda parte, avrei preferito che ci venissero lasciati degli indizi nel corso del libro perché quello che mi ha deluso è che sia stata spiegata la soluzione senza che il lettore abbia avuto il tempo di indagare. Il bello del giallo è proprio questo: cercare di scoprire la soluzione del caso, ma qui non ce n'è la possibilità (il colpevole non viene nemmeno accennato nella prima parte). In compenso è molto bello il personaggio di Holmes.
    Ho intenzione di leggere almeno un'altra delle sue avventure, per vedere se lo stile un po' cambia e se riesce a coinvolgermi di più; in caso contrario non leggerò altro di Doyle nemmeno io.

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    1. Mi hanno detto che nei libri successivi l'autore si è migliorato :P

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