Armati di taccuino e penna ci siamo recati presso il caffè letterario della nostra cittadina per conversare con un autore, nostro concittadino, di cui vi avevamo già parlato: Maurizio Reginella, autore del romanzo "Una vita per cui vale la pena morire" la cui trama e informazioni potete trovare QUI! Io ho da qualche settimana terminato la lettura del libro ed è stata una bella opportunità parlare finalmente faccia a faccia con un autore... Il libro è voluminoso e chiaramente distinguibile in due parti: la prima, quella che ho preferito, introspettiva al massimo, e la seconda basata un po' di più sulla trama vera e propria.. Non aggiungo altro e lascio la parola a Maurizio..
È la prima volta che
ti cimenti nella stesura di qualcosa di tuo? Quando e come hai iniziato?
Questo è il primo libro edito, ma non il primo che ho
scritto. Scrivo da quando ho memoria, parliamo delle elementari e quindi da
quando ho imparato a scrivere. Non è neanche il primo tentativo di
pubblicazione e probabilmente non ci sarei riuscito se non fossimo in
quest’era, dove Internet fa molto, anche se essere pubblicato adesso da una
piccola casa editrice è come non esserlo affatto ma questa è una delle poche
vie possibili. Ricordo che una volta parlai con una casa editrice (abbastanza conosciuta e
diffusa) e mi dissero chiaramente che il mio cognome non faceva suonare nessun
campanello d’allarme e che quindi potevo anche mandare il mio manoscritto, ma
loro non lo avrebbero neanche preso in considerazione. Dall'altro lato, neanche
l’editoria a pagamento è una soluzione basandosi questa su nessun criterio di
selezione e non essendo, realmente, interessata a vendere ma a spillare soldi.
Il significato del
romanzo e della tua attività di scrittore.
Non ho mai scritto con l’intento di dare un significato a
priori, le storie nascono a un certo punto e devono essere raccontate. Se
dovessi attribuire un significato al romanzo sarebbe la ricerca della felicità
sostanzialmente. C’è sempre qualcosa che ci tormenta, che ci lascia
insoddisfatti, ci alziamo la mattina e sentiamo che ci manca qualcosa, noi
umani il più delle volte siamo instabili, sensibili, il nostro movimento
interiore, perpetuo e inappagato, è la scatenante di tutto. Sono sempre
stato uno scrittore, la mia mente non è mai stata ferma, le mie storie prendono
forma e vivono, è una parte dominante di me stesso anche se
non occupa la maggior parte del mio tempo, è come un tatuaggio sotto la pelle,
è indelebile, invecchia con te, non se ne va...
All'interno del
romanzo sono presenti delle colonne sonore…
Si, e devo ammettere di aver osato un po’. All’ interno di
un film la colonna sonora è una parte integrante ma in un libro questa può non
far piacere, può collidere con il viaggio mentale che il lettore sta facendo
leggendo, con il ritmo e il pathos che lui sta utilizzando. Le canzoni, sparse
lungo i capitoli, erano nella mia testa mente scrivevo e ho voluto condividere
questa parte in più, cercare di far provare le stesse sensazioni che avevo io
mentre scrivevo.
È stato più difficile
creare la trama o i personaggi?
Sicuramente la prima. I personaggi si sono raccontati da
soli, li ho conosciuti durante la strada (ad esempio per quanto riguarda Malcom, all'inizio avevo il presagio di un’infanzia e di una vita difficile, c'era una
foschia che soltanto piano piano si è diradata). Costruire il percorso su cui fare
camminare i personaggi è stato difficile, bisogna sapere dove voler andare a
parare per cui il problema non è stato seguire i flussi di coscienza (anzi ogni
volta che c’era qualcosa di nuovo da tirar fuori era una festa) ma
schematizzare e rendere tutto organico.
La prima parte è
molto introspettiva. Il motivo di questa scelta?
I miei personaggi sono sempre caratterizzati dal flusso di
coscienza. Anche nel primo romanzo(non pubblicato) , che appartiene al genere
horror, seguo questa tecnica, non sono i fatti terrorizzanti al centro del
racconto ma la fobia che si svolge all'interno delle menti. Negli ultimi anni
la mia scrittura è stata basata su questo, su quello che pensiamo, che viviamo,
che sappiamo consciamente e non. Nella seconda parte del romanzo invece (Una
vita per cui vale la pena morire) ho impostato il percorso dopo aver seminato
nella prima parte, sono sceso a fondo nella loro psiche per motivare le scelte
folli della seconda parte. L’introspezione è la carambola cieca dentro le
persone, è imprevedibile, mi strega.
Perché un lettore dovrebbe leggere il romanzo?
Ho sempre detto che questo romanzo appartiene al noir, nonostante manchi l’impronta poliziesca, proprio per la presenza di male che scava dentro altro male, i personaggi sguazzano nel lato scuro dominante nonostante qualche luce appaia durante il percorso. Quanto a lungo sei disposto a correre prima di stramazzare al suolo? Chi vuole sondare questa parte, perché è in ognuno di noi, chi si pone queste domande, potrebbe trovare interessante questa lettura.
Progetti futuri o in
corso?
Ho iniziato il prossimo romanzo che bussava già nella mia
mente durante la stesura dell’ultimo e anche se non verrà pubblicato, perché
potrebbero esserci diversi ostacoli, arriverà comunque, prenderà forma e
consistenza.
Ringraziamo infinitamente Maurizio per la gentilezza e per averci concesso questa intervista!
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