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giovedì 2 maggio 2013

Esce Enfer

Con grande piacere, presento l'ultima uscita di un mio grande amico scrittore..


Titolo: Enfer
Autore: Fabrizio Corselli
Editore: Ciesse Edizioni
Pagine: 80
Prezzo: 8,00 euro

Trama:

Parigi, 1793.
Rinchiuso presso la prigione di Stato della Conciergerie per l’omicidio della giovane Heléne Dubois, il libertino Alexandre Morel attende l’esecuzione della propria condanna a morte. Inesorabili trascorrono i giorni in piena solitudine, fra dileggi letterari e aspre invettive, finché l’inaspettato incontro con Madeleine, una ventenne prostituta, non conquisterà di lui l’anima più nera, riportando nuovamente alla luce quella profonda vena creativa che ha sempre caratterizzato la sua cupa indole di poeta crudele.Dopo il primo giorno, frequenti diventano le visite di Madeleine presso le carceri durante la notte. Una serie d’incontri che si trasformeranno, via via, in una relazione dai toni sempre più audaci e altresì feroci, contesi fra ardite trasgressioni e indicibili vizi. Madeleine sta per aprire i cancelli degli Inferi attraverso un’esperienza che la vede non più come chi consola gli animi dei condannati a morte bensì, ella stessa, come carnefice.Chi, alla fine, fra i due amanti vestirà i panni dell’inquisito e dell’inquisitore, in un torbido gioco d’amore che va consumandosi lentamente all’interno di quella prigione, come nel perpetuo tormento di una bolgia infernale?

Cosa ne pensate?


domenica 13 gennaio 2013

Recensione: Inverno, Haiku


INVERNO, HAIKU


Autore: Fabrizio Corselli (a cura di)
Pagine: 222
Prezzo: 14,00

Inverno – Haiku” è il primo libro della collana antologica Hanami e il primo della serie “Le Stagioni dell’Essere”. Un volume che mette a confronto non solo diversi stili di comporre haiku riguardo a un tema specifico, l’Inverno, ma una vera e propria panoramica dei differenti modi di vedere la realtà, filtrati attraverso l’occhio poetico di ogni singolo autore. L’antologia raccoglie le vivide testimonianze letterarie di molti validi haijin (poeti) moderni, volti all’acuta e attenta osservazione della natura che li circonda, trasfigu- randola in piccole gemme che hanno la forma di soli tre versi (un intero universo contenuto in 17 sillabe). Hanno partecipato a questo volume: Elisa Allo, Massimo Baldi, Davide Benincasa, Maria Cristina Biasoli, Tina Caramanico, Francesca Casagrande, Antonio Ciervo, Marta Colanera, Elisabetta Daolio, Carla De Falco, Andrea Festa, Eufemia Griffo Lucia Griffo, Alessandro Guidobaldi, Elisa Guidolin, Francesca La Froscia, Anna Mininno, Arturo Montieri, Marzia Musneci, Alice Pancucci Amarù, Fabio Rapizza, Flavia Rolli, Salvatore Stefanelli, Laura Andreozzi Tinti, Sonia Tortora.





"Le opere raccolte in questa antologia, dall'emblematico titolo Hanami, cioè contemplazione dei fiori,esprimono con delicatezza e profondità ogni sfumatura emozionale dello haiku diramandosi in tutte le direzioni della creatività umana"

Prima di parlare dell'antologia che mi è stata inviata, è necessario e doveroso fare una breve introduzione sul significato e sulla composizione dell'Haiku. Io stesso ne avevo sentito parlare ma non mi sono mai informato doverosamente forse per mancanza di interesse o semplicemente perché non me ne era ancora giunta occasione. Cosa sono gli Haiku?
Sono brevi componimenti giapponesi composti esclusivamente da tre versetti e un totale di 17 sillabe: componimenti quasi epigrammatici che ci riportano alle antiche inscrizioni funebri dei poeti latini che avevano il compito di esprimere repentinamente, senza giri di parole e retorica, quello che sentivano. Diversi sono i sentimenti che possono essere espressi tra cui ricordiamo Sabi, il sentimento della solitudine, del distacco; Wabi, l'imprevisto, l'inaspettato, la meraviglia; Mono no aware, il senso di caducità e dello scorrere del tempo; Yugen, il fascino inspiegabile delle cose. Anche qui sembra essere messa in evidenza una certa simbiosi con la natura che non solo circonda il poeta ma partecipa al suo dolore, si fa da tramite per espiare dolori e per diffondere gioie, si fa immagine su cui proiettare pensieri e stati emozionali: in ogni Haiku è presente il cosiddetto riferimento stagionale o "Kigo", elemento della flora o della fauna, o appartenente alle tradizioni, che deve indicare un particolare periodo dell'anno, quello più congeniale al sentimento da esprimere, o semplicemente quello in cui è stato composto il frammento poetico.
E proprio su questo si è lanciata la casa editrice Edizioni della sera, Promuovendo una collana di Haiku costituita da 4 volumi, uno per ciascuna stagione.
Un primo approccio, una prima rivelazione. Anche se i frammenti sono brevissimi, ciascuno di essi impiega un tempo di lettura e meditazione abbastanza prolungato: ogni Haiku ha bisogno di essere assaporato con calma per cogliere la disposizione ricercata delle parole e dei fonemi, la ricerca stilistica e linguistica, nonchè il significato superficiale e che si può immediatamente cogliere. Ma ciascun Haiku racchiude un mondo dentro che ha bisogno di essere ascoltato, divorato, aperto dalla nostra mente e dalla nostra immaginazione; dietro ogni haiku ci sono i nostri e i sentimenti degli altri, ci sono spazi e tempi immuni dalla realtà, immagini che ci proiettano in un locus amoenus dove i sentimenti e i pensieri diventano tangibili. Alcuni Haiku ci obbligano a riflettere, altri ci riportano ai tempi dell'infanzia tra il bianco della neve e l'aria natalizia, altri esprimono angosce esistenziali, domande che l'uomo non vuole rendere esplicite altri ci richiamano alla memoria perdite e speranze; altri ci chiedono indirettamente chi siamo e cosa siamo. Sono specchi per la nostra anima. Complimenti a tutti gli autori.
Tra i diversi Haiku ecco alcuni tra quelli che mi sono piaciuti di più:

"Luna di ghiaccio
a lei affido i segreti
del mio vissuto"
Davide Benincasa

"Stelle sul mare
fari sul mio gelare
si spegne il buio"
Marta Colanera

"Ultimo sguardo
ardente epilogo
di un tempo freddo."
Elisabetta Daolio



VOTO: 





sabato 24 novembre 2012

Inverno Haiku di Fabrizio Corselli


Con grande piacere, oggi parliamo del libro curato da un caro scrittore che amo per
la versatilità e l'originalità



Inverno – Haiku” è il primo volume della collana antologica Hanami. In libreria dal 20 ottobre 2012, il volume è curato da Fabrizio Corselli con la partecipazione di 25 autori. La traduzione dei testi è di Francesca Nanni. Le caratteristiche principali dell’haiku, in particolar modo la sua sinteticità e il forte legame con la natura, ha fatto sì che questo genere poetico prendesse sempre più campo, diffondendosi in tutto il mondo. Esso non si limita soltanto a una mera questione di moda, ma incentiva un continuo confronto fra i diversi autori, tanto da assistere alla continua apertura di blog e siti relativi, annoverando oltremodo contributi critici e dialoghi sulla tecnica di stesura. Da questo punto di vista, il mondo dell’haiku è vivo, e presenta un fecondo dinamismo che ne permette la sua continua evoluzione in termini, non solo di produzione letteraria, ma di relazioni sociali. Per tale motivo, il volume “Inverno – Haiku” nasce come sintesi ed espressione della volontà di ogni singolo autore, ben venticinque presenti all’interno del volume, nel renderci partecipi della propria esperienza estetica, del proprio modo genuino di percepire il mondo che ci circonda, e questo attraverso la caducità del tempo e dell’essere che presuppone una “stasi”, un momento capace di “fotografare”, di “fissare la realtà in un suo preciso istante; il sentirsi un tutt’uno con la natura che ci avvolge, ascoltando la sua “voce poetica” in un gesto semplice ed essenziale allo stesso tempo: la caduta di una foglia, lo stillare di una goccia di rugiada, il saltare di una rana nello stagno o il frinire di una cicala, il tutto all’interno di un contesto che è quello della quotidianità. Questo è il potere dell’haiku. Nella fattispecie, questa raccolta antologica pone la sua attenzione al ciclico alternarsi delle stagioni, e a tutte le sue manifestazioni possibili che meglio la rappresentano, partendo proprio dall’inverno, col suo gelo, con la sua neve e i panorami impietriti, scorgendo in esso finanche il barlume della luce più viva e delle ombre diradate, grazie alla forza espressiva di tre “semplici versi” che ne mettono a nudo le forme più nascoste. 

Hanno partecipato a questo volume: Elisa Allo, Massimo Baldi, Davide Benincasa, Maria Cristina Biasoli, Tina Caramanico, Francesca Casagrande, Antonio Ciervo, Marta Colanera, Elisabetta Daolio, Carla De Falco, Andrea Festa, Eufemia Griffo Lucia Griffo, Alessandro Guidobaldi, Elisa Guidolin, Francesca La Froscia, Anna Mininno, Arturo Montieri, Marzia Musneci, Alice Pancucci Amarù, Fabio Rapizza, Flavia Rolli, Salvatore Stefanelli, Laura Andreozzi Tinti, Sonia Tortora.

Per informazioni sul curatore, andate qui dove ne ho già parlato: Fabrizio Corselli



















venerdì 5 ottobre 2012

Recensione: "Drak’kast,Storie di draghi"


DRAK'KAST
Storie di draghi


Autore: Fabrizio Corselli
Editore: Edizioni della Sera
Pagine: 220
Prezzo: 12,00


Elkodyas, ultimo della stirpe dei naùstarak, i draghi metamorfosati, riveste il ruolo di uno fra i più talentuosi hadragnir di tutta la regione di Andrara: incantatori disposti a sposare la causa delle creature draconiche per preservare l’equilibrio tra le razze. Nelle desolata terra dell'Enjarst i draghi più feroci tuttora conducono la loro vita indisturbata, altresì elevando quelle lande a mirabile terreno di caccia. Al di là di esse si è spinto il bardo con grande audacia e determinazione, fino a lambire i confini di Antalorian, dimora dei draghi della terra. Un paradiso arboreo d’indicibile bellezza, all’apparenza, ma un mondo selvaggio invero, cruento e misterioso, che aspetta solo di essere rivelato a uno sguardo più attento e rispettoso delle sue leggi. Qui egli ha affrontato non solo la minaccia dei suoi stessi fratelli, ma anche le ataviche forze oscure che abitano la foresta, armato del proprio magico strumento e del suo inseparabile famiglio Tyrintalle. Le gesta di Elkodyas rivivono adesso nel canto epico che Naskara, una cacciatrice di draghi, ha ridestato dalle memorie del tempo, grazie all’eredità della propria razza d’appartenenza: le ninfe guerriere. Fedeli guardiane dei draghi della terra e custodi del loro antichissimo culto.







Un libro che mi ha veramente stupito, che ha saputo regalarmi non solo la magia di un racconto fantastico, ambientato in terre oltre il nostro mondo visibile, popolato da creature sovrumane e dotate di potenti sortilegi , ma anche l'incanto di una litania moderna e insieme arcana, resuscitata quasi da un nuovo reperto archeologico, da frammenti di papiro di un autore antico che ben sapeva usare musicalità e sillabe per creare versi suggestivi e freschi. Questo non è un semplice romanzo, non è prosa quello che il lettore potrebbe aspettarsi, non è la solita storia fantasy raccontata per mezzo di canoni talvolta eccessivamente ripetuti: è epica, epica moderna, tentativo di riportare in vita le storie narrate dagli aedi che andavano di corte in corte, nelle piazze tra la gente e accompagnati da un liuto o un'arpa iniziavano a incantare i presenti con delle semplici parole; quasi un tentativo di riportare in vita, in voga, il poema epico greco dove si cantavano le gesta di grandi eroi e le loro peripezie, il loro coraggio e il loro ardore. Ed effettivamente troviamo al centro dell'opera la storia di Elkodyas, un drago metamorfosato in un elfo cantore che narra di grandi gesta, di due razze, elfi e draghi, accompagnati da diverse altre mitiche, se vogliamo, creature. Anticipata da un preludio( in cui si narra di Nuam che assiste alla tragica morte di un drago e ha però la possibilità di ascoltare i versi di Naskara, ninfa guerriera), l'opera contiene diversi ingredienti ben mescolati tra di loro: canoni tipici della letteratura fantasy si trovano uniti a antiche reminiscenze che attingono al mondo greco e nordico, alle mitologie e alla lingua( presenti sono ad esempio diversi termini greci) e alla capacità di saper cantare di un mondo glorioso e epico, in cui i protagonisti non sono gli eroi Kaloi Kai Agatoi( Belli e virtuosi), uomini giusti e pieni di virtù, ma draghi e elfi.

Fabrizio Corselli è unico nel suo genre, ha cercato di dar spazio al genere più seguito negli ultimi anni, che è il fantasy,non tralasciando però la magica e illuminante funzione della parola, l'importanza della poesia che ormai si sta purtroppo perdendo. Poesia e fantasy si trovano così accorpate in un mix che sarebbe stato rischioso forse, ma che lui ha risolto in maniera eccellente. Forse non è un libro adatto a tutti, ma a me è piaciuto, forse perchè ho sempre amato l'epica e la metrica antica, il cui suono ipnotico ha quasi saputo riprodurre.









Ciao Fabrizio, parlaci un po' di te.
Sono nato a Palermo, ho 38 anni, e adesso vivo a Settimo Milanese. Qui, lavoro come educatore e porto avanti una serie di progetti per la Scuola. Sono molto soddisfatto di ciò perché riesco a conciliare così lavoro e passioni personali. Sono uno scrittore di poesia a carattere epico-mitologico e un saggista. Scrivo dal 2001 e non riesco più a fermarmi; la scrittura crea dipendenza, e nuoce gravemente alla salute. Per il resto, sono redattore presso la rivista nazionale (cartacea) In Arte – Multiversi dove conduco la rubrica Trame (Poesia ed Estetica). Ho avuto diverse collaborazioni importanti con il Salone Internazionale di Parigi e il Museo Belejevo di Mosca, oltre ad aver collaborato con Mediabrera di Milano. Sono un amante della poesia giapponese, e un nerd non pentito di giochi di ruolo dal 1986. Altra passione: unire la dimensione del gdr con quella della scrittura.


Hai già scritto qualcos'altro? Vuoi parlarne?

Ho pubblicato nel 2001 “I Giardini di Orfeo”: una raccolta di poesie sui miti greci. Diciamo un’opera che appartiene al mio periodo di acerbo poeta, in cui rivisito i diversi paradigmi mitici con un tocco molto più lirico, e una visione più umana. Diversi sono stati poi gli scritti, in ogni modo sempre strutturati in opere tematiche, spaziando dalla Saggistica (per esempio “Hysteron”) all’eros ninfale (“Amor di Ninfa”), senza tralasciare la silloge tematica sulle Ninfee (“Ninfee”), e non per ultimo la favola poetica “Shams Al Nahar e le dieci perle d’Oriente”.

Qualcuno ti ha definito "nuovo cantore, aedo". Che ne pensi?
Hai dimenticato il più importante, “Cantore di Draghi”. Tutto molto lusinghiero, se non pittoresco, ma credo che si sposi bene con la finalità del testo e con il mio stile altamente musicale. Soprattutto per l’uso del poema e per la ripresa della tradizione epica. Nella mia poesia, e nello specifico nei miei poemi, c’è la riscoperta e la valorizzazione della componente musicale, elemento che si è perso col tempo, anche a causa della banalizzazione sempre più imperante del cosiddetto linguaggio parlato, oramai innalzato a unica e sola forma di comunicazione poetica. La poesia usa il linguaggio poetico e presuppone studio. Si diffidi di chi, per propria irresponsabilità o per avvalorare le proprie preghierine della sera o ancora mere tautologie, tende a liquidare rapidamente la questione sulla tecnica. C’è chi ci riesce inconsapevolmente, a livello istintivo, ma perché poi precludersi una tavolozza da milioni di colori? È come un pittore che dipinge sempre con tre colori senza usare le sfumature e le diverse gradazioni. Anche lo stesso fantasy nasce dal mito e proviene dalla tradizione dell’epica classica, soprattutto guardando a quella germanica. Pertanto non vedo così inusuale e assurdo che io abbia usato il verso per scrivere fantasy.
Mitologia e mondo classico: quanto influenti e importanti?

Cercherò di essere molto sintetico. La mitologia e il mondo classico sono, secondo me, imprescindibili da qualsiasi forma di cultura e genere. Il mito nacque inizialmente come forma di narrazione per spiegare attraverso elementi “fantastici” la formazione del mondo, per poi diventare oggetto dell’Epica e del genere fantasy in futuro. I classici ci hanno insegnato l’amore per il bello, per l’armonia, soprattutto la capacità di osservare la natura e coglierla nella sua piena essenza, di conoscere meglio l’anima dell’uomo e renderla compartecipe col mondo esterno. La mitologia non è solo un racconto allegorico, ma nasconde in quanto tale una “verità” (almeno per gli antichi). Dal mito siamo poi passati alla mitopoiesi, ossia alla costruzione vera e propria del “mythos”, inteso in senso più ampio, non solo come un semplice racconto ma come un microcosmos, un insieme di elementi coerenti fra di loro che, secondo l’attitudine creativa del proprio creatore, riesce a dare alla luce un vero e proprio mondo, completo della sua cultura, delle sue tradizioni, delle sue razze, religioni e tant’altro, che oggi chiamiamo comunemente ambientazione; un sostrato fantastico che sta alla base del genere fantasy. Qui, si ha il passaggio netto da “aedo” a “poeta letterario”.
Poesia e fantasy perfettamente uniti in quest'opera. Come ti è venuto in mente?

Come detto prima, tenendo in considerazione la tradizione epica classica come base della mia scrittura, secondo un approccio assimilativo e non emulativo, ossia cercando di fare propri gli strumenti di tale genere, e non cercando di copiare per esempio Omero o Virgilio, il passaggio al fantasy è stato una diretta conseguenza. Per esempio, la presenza stessa della figura del drago la troviamo già con Giasone e gli Argonauti, o nel poema del Beowulf, o nella Saga dei Nibelunghi, e così via. Perfettamente uniti perché fedele e coerente con la tradizione precedente. Non è una novità o un’anomalia che il fantasy sia scritto in verso. Ho seguito, secondo influenze e non secondo tutte le regole, anche i dettami della poesia scaldica, per esempio nell’uso dell’allitterazione o di alcune kenningar (metafore perifrastiche); così come, alcuni approcci formulari e la strutturazione in strofe, o finanche l’uso di epiteti. Molto ci sarebbe da dire su questo, ma limito soltanto a precisare che l’approccio epico è nato con il verso, pertanto mi sento più che fedele a tale contesto, nulla dovendo recriminare a me stesso per non aver scelto il genere narrativo, consapevole che ha molta più eco a livello di vendite. Drak’kast è nato da un atto d’amore e non da una pianificazione di marketing. Un’altra verità, e lo dico in maniera onesta, è che non so scrivere narrativa; mi esprimo meglio col verso. È come chiedere a un pittore perché abbia scelto il pennello al posto della penna. Da questo punto di vista, mi sento meno ipocrita di altri che tendono a forzare il genere pur non sapendolo scrivere.
Per quale scopo hai cercato di intraprendere questo esperimento?

Tendenzialmente per me stesso. Chiamarlo esperimento però è riduttivo. Trattando costantemente il genere del poema, alla fine è stata soltanto una diretta conseguenza e la derivazione di uno stile preesistente molto profondo. La sperimentazione, alla quale ti riferisci, risiede più nel tentativo di strutturare a livello concettuale una particolare forma poetica: il Kar’drak, la poesia dei draghi. All’interno del Drak’kast è contenuta un’appendice proprio su questo tipo di verso, che viene poi approfondita con un saggio breve, proprio dal titolo “Kar’drak, la poesia dei draghi”, scaricabile alla pagina del libro presso il sito di Edizioni della Sera.
Draghi e elfi: come mai queste due razze piuttosto che altre?

Il motivo più semplice è quello preferenziale. Amo queste due razze, e ho cercato di farle coesistere all’interno di un’ambientazione specifica che porta il nome di Dragonbound. Esse, adesso, non solo vivono in piena armonia, o quasi, ma addirittura cooperano per l’accrescimento del potere della magia (elfica e draconica fuse insieme). Gli elfi hanno altresì insegnato ai draghi l’uso del potere di manipolazione del canto, forgiando la casta degli hadragnir, di cui fa parte il protagonista del Drak’kast; e, in maniera indiretta, la manipolazione del soffio (nyuarad). Inoltre draghi ed elfi hanno implicazioni profonde a livello metaforico e linguistico. I primi, derivando il tutto dalla radice derkhomai del termine greco drakon (“avere un determinato sguardo”), mentre i secondi incarnando l’ideale di bello, e quindi donando al contesto un forte valore estetico (da non confondere con formale). Il drago è il visore di una realtà altra, è lo sguardo della poesia sul mondo che ci circonda, alla ricerca del Bello assoluto, dell’Ineffabile. Lo stesso protagonista è un naùstarak, un drago metamorfosato nelle sembianze di un elfo.
Hai mai pensato di ottener tale riconoscenza da parte del pubblico?

No, quando scrivo non penso mai al pubblico di destinazione. Ho sempre avuto nel tempo, come si diceva per i greci, un pubblico addestrato proveniente in maggioranza da professori universitari, critici, e studiosi, comunque sempre del settore. Uno scrittore scrive prima di tutto per se stesso (indipendentemente dalla questione editoriale), anche se così non è proprio ai tempi d’oggi. Ci sono autori che scrivono ad hoc in base alle richieste del mercato. In ogni modo, ho ricevuto molti apprezzamenti da parte del pubblico, pur appartenendo i più al genere della narrativa fantasy. Drak’kast è pur sempre un’opera molto controversa che sta in bilico tra poesia e “narrativa” (più nel senso di “epos” classico che di genere). Comunque sono soddisfatto.
Hai mai pensato di scrivere un vero e proprio poema omerico con personaggi quasi esclusivamente umani?

Sì. Peraltro ho scritto tempo fa “Promachos e il tamburo da guerra”, un’opera abbastanza insolita che raggruppa attraverso dei ponti narrativi una serie di canti tematici sulla guerra. Questi canti vengono eseguiti da dei guerrieri noti col nome di Polemadontes, i Cantaguerra, presso la Troade. I personaggi sono sì guerrieri, ma ognuno di loro incarna una qualità specifica che oltremodo influenza lo stile e l’approccio al testo. Per esempio, Carrothos di Sparta, canta della Battaglia delle Termopili con grande ardore battagliero.

Progetti?
Tanti. Il primo di tutti, un corso di composizione poetica presso le Scuole Elementari di Settimo Milanese, che mi occuperà tutto l’anno. Secondo poi, quest’anno avrò due pubblicazioni con due Case Editrici diverse; generi diversi. Con una, in particolare, ho deciso di ritornare alle origini: Poesia. Per essere precisi, qui, mi sono avvicinato al genere del “Poema sinfonico”. Per l’altro, è tutto un mistero. Il 15 Ottobre invece uscirà il mio primo libro da Curatore editoriale, incentrato sulla poesia giapponese haiku. In questo volume, ho riunito ben venticinque haijin italiani sul tema dell’Inverno. Il prossimo riguarderà la Primavera, chiudendo poi in successione il ciclo stagionale. E non per ultimo, un poemetto fantasy a carattere epico, dal titolo Fireblending. Quest’opera nasce come mio personale tributo al Beowulf, sviluppando, per l’esattezza, un tema specifico; sarà inserita in un’antologia che riunirà altri scrittori di fantasy.

Un saluto anche a te, caro Ezio, e grazie per questo bellissimo dialogo. Soprattutto complimenti per questa tua passione che porti avanti con gran dedizione.





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