Che cos’ha deciso, per noi, l’autore della nostra vita? Crediamo d’aver raggiunto la meta che stavamo inseguendo, pensiamo finalmente di conoscere il piano che il destino ha preparato per noi. Ma poi, alla pagina successiva, tutto cambia, si sgretola. E dobbiamo ricominciare da capo. Sullo sfondo della tranquilla cittadina francese di Montpellier, in una pasticceria antica e deliziosa, densa di ricordi che profumano
di torta appena sfornata, Monica ci prende per mano e ci accompagna in un viaggio straordinario. Ci porta a conoscere l’animo umano, i suoi segreti, i suoi sentimenti. Nessuno escluso. La felicità di una vita che nasce, lo sconforto raggelante della malattia, l’amarezza di una verità inaccettabile, lo sconvolgimento spiazzante e intenso del vero amore. Monica, con eccezionale maestria, ha architettato un ingegnoso intreccio fra due romanzi, il suo e quello della giovane Florence, che si ispirano, si influenzano a vicenda in un rapporto surreale, quasi magico. Ha voluto intrappolarci in un gioco di specchi inusuale e intelligente, che induce a riflettere. Anche noi siamo incastrati fra le righe di un quaderno? Anche noi siamo creature d’inchiostro?
“Le Chat curieux” è una rinomata pasticceria nel centro di Montpellier gestita da Juliette e dalla figlia, Florence. La loro vita è scandita dalle visite dei clienti affezionati come Monsieur Girard, che tutti i giorni fa colazione lì da vent’anni, Claire, compagna di giochi dai tempi dell’infanzia, e Madame Marie, la proprietaria della pensione dove si è sistemato Alain, giovane architetto parigino che ha abbandonato lavoro, famiglia,
amici per girare il mondo. E poi c’è Didier, scapestrato senza futuro e senza affetti, sempre in bilico tra l’onestà e i piccoli reati, che abita le pagine di un romanzo di cui Florence è l’autrice.
Monica Becco nasce a Torino il 4 dicembre 1963 e la sua culla riporta le forme di due elementi che contraddistinguono le sue radici: un gianduiotto e una gondola. Infatti, papà torinese e mamma veneziana.
Potrei definire la mia vita come un tranquillo srotolarsi di eventi sulla pergamena del tempo.
Dopo gli studi, iniziati all’insegna del business e dell’economia eterminati con una decisa virata verso temi di taglio decisamente più umanistico - come la sociologia e la formazione - intraprendo
la carriera aziendale all’interno di una grande banca torinese. La prima “stropicciatura” della pergamena è datata 2003, quando decido di abbandonare per sei mesi la mia scrivania e unirmi alla Compagnia Teatrale dello spettacolo “Notre Dame de Paris” per vivere un’esperienza di studio e analisi dei comportamenti
organizzativi di un gruppo complesso. Questo lavoro avrà un effetto rivoluzionario nella mia vita: nel febbraio dell’anno successivo esce il mio primo libro “Notre Dame de Paris: oltre il palcoscenico” e, poco tempo dopo, lascio l’azienda per dedicarmi ai temi della formazione come libera professionista.
È ottobre 2004 e, a Biella, ritiro il Premio Speciale della Giuria al Concorso Letterario “Un libro per lo spettacolo”. Nel 2007 prende vita il mio secondo libro; questa volta è un romanzo e si intitola
“Giorni d’inchiostro”: una storia raccontata attraverso le pagine di un diario e gli scambi epistolari che la protagonista rilegge la sera precedente il suo matrimonio. Florence è il mio terzo romanzo.
E qui un estratto:
"Non era un locale elegante e neanche troppo confortevole. Tutto era concentrato in un unico ambiente in cui troneggiava un altissimo bancone di legno scuro dalle pareti intagliate, seguito da una vetrina più bassa dedicata all’esposizione delle celebri prelibatezze. Dall’altra parte del negozio, qualche tavolino di ferro colorato circondato da vecchie sedie consunte, non sempre perfettamente in equilibrio. Antiche stampe di una Montpellier di fine ‘800 e una credenza stipata di barattoli di miele di ogni tipo completavano l’arredamento.
Florence era cresciuta tra quelle pareti; aveva calpestato quel pavimento con i passi incerti delle sue prime esperienze in posizione eretta; sul tavolino in fondo, quello più in ombra, vicino alla spessa tenda a piccoli fiori che separava la sala dalla cucina, si era ritagliata il suo angolo privato dove aveva imparato a leggere e a scrivere. Negli anni del liceo, il caffè era stato il punto d’incontro per tutti i compagni. Il suo mondo era sempre girato intorno a quel locale fino a quando, a venticinque anni dalla sua nascita, ne era stato completamente assorbito.
Florence e Juliette erano l’anima e la vita di quella pasticceria, ne rappresentavano l’aspetto umano e inimitabile e, oramai da quasi cinque anni, i loro nomi erano stati aggiunti sulla vecchia insegna in ferro battuto, smaltata di verde, che accoglieva con un romantico cigolio i numerosi clienti.
Juliette era tutta la famiglia che Florence aveva conosciuto nella sua vita."
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