Il
mistero è affascinante, siamo attratti dall'invalicabile, da tutto ciò che si
cela al di là del muro, la nostra brama di conoscenza, nonché la nostra
curiosità, ci alimenta, ci spinge a oltrepassare i limiti che sono stati
imposti: non abbiamo paura, ci sentiamo audaci e pronti a tutto pur di scoprire
la verità, il volto dietro la maschera, la realtà dietro la finzione. Questo
non è forse estendibile anche al mondo della letteratura? Quanti sarebbero
tentati nel comprare il libro di un autore di cui non si sa praticamente nulla?
E quanti autori si divertirebbero nell'inventare un alter ego, quanti
riuscirebbero a respirare e a dar libero sfogo a nuove idee e nuove direzioni
dopo essere diventati famosi? Nel corso della storia, dai secoli precedenti
sino ai giorni nostri, diversi sono stati gli autori che hanno deciso di
utilizzare uno pseudonimo per la pubblicazione di un nuovo romanzo..Spostiamo
le lancette dell'orologio indietro, ripercorriamo i vari secoli e andiamo alla
scoperta degli pseudonimi di alcuni dei più importanti scrittori. Tuffandoci
all’interno dell’epoca vittoriana, dobbiamo citare il grande Charles Dickens, autore di celebri
romanzi quali “Oliver Twist” e “David Copperfield”, che iniziò la carriera di
scrittore come cronista poiché proprio sui giornali cominciò a scrivere i suoi
primi racconti di vita urbana sotto lo pseudonimo di Boz, e le sorelle Charlotte Bronte ed Emily Bronte che
assunsero il nome di Currer Bell e Ellis Bell per iniziare la loro carriera in
quel periodo poco facile per lo sviluppo della creatività femminile, ricco di
pregiudizi nei confronti delle donne e del loro inserimento anche in ambito
culturale. Altro personaggio di spicco
della letteratura britannica è Eric Blair, autore di “1984”, noto a tutti come George Orwell. Come dimenticare poi
quel grande inventore di un mondo tutto da scoprire tra animali parlanti, carte
animate, brucaliffi e conigli con un orologio da taschino sempre di corsa, Lewis Carroll il cui vero nome era
Charles Dogson. Ma anche Agatha Christie ha utilizzato lo
pseudonimo di Mary Westmacott per scrivere romanzi d’amore e quindi non
confondere il lettore (abituato ai romanzi gialli), e Fernando Pessoa che assunse gli pseudonimi di Álvaro
de Campos, Riccardo Reis, Alberto
Caeiro e Bernardo
Soares spiegando così la sua scelta: “L'origine dei miei eteronimi è
il tratto profondo di isteria che esiste in me. L'origine mentale dei miei
eteronimi sta nella mia tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e
alla simulazione”.
Anche
autori contemporanei hanno deciso di pubblicare attraverso uno pseudonimo, per
cercare di nascondere il proprio nome, ormai rinomato e acclamato, e provare a
vedere quanto il libro avesse avuto comunque successo. Un buon modo per
mettersi alla prova no? Ricordiamo per esempio Stephen King che nel 1977 si nascose dietro la falsa identità di
Richard Bachman con la quale pubblicò “L’uomo in fuga”( particolare l’episodio
di King che addirittura inventò una biografia per il suo alter ego nonché una
foto), e infine J.K.Rowling che,
dopo aver concluso la saga del famoso maghetto e pubblicato “Il seggio vacante”,
attende l’uscita de “Il richiamo del cuculo” firmato sotto lo pseudonimo di
Robert Galbraith. Quali altri pseudonimi conoscete? Necessità sociali, culturali, sessuali e discriminatorie
hanno in passato portato diverse menti a celare il proprio volto dietro una
maschera che avrebbe permesso loro di uscire allo scoperto sotto mentite
spoglie. Una necessità meno incidente invece è quella che spinge oggi gli
autori a pubblicare senza essere riconosciuti: c’è chi, essendo magari alla
prima pubblicazione e temendo di essere completamente stroncato dalla critica,
decide di affidare tutti i fallimenti all’alter ego, riservandosi altre
possibilità; chi decide di mantenere l’anonimato per non scoprirsi troppo
avendo riversato molto di se stesso all’interno del romanzo e chi decide di divertirsi nell’ambito della invenzione-finzione, e chi
vuole rimanere all’oscuro, celato dietro quella porta socchiusa da cui si
scorge tutto e nulla. E poi ci sono gli autori famosi che vogliono sentirsi
liberi, vedere quanto valga il loro nome o il loro talento. Significativo è per
l’appunto il caso della Rowling che, non soltanto è stata inizialmente
rifiutata, ma ha anche notato una scarsa vendita delle copie del romanzo,
salita poi alle stelle dopo essersi rivelata. A questo punto sorge spontanea
una domanda: quanto vale il nome? Quanto ci influisce nell’acquisto e nella
lettura di un romanzo? Rischia di annebbiarci gli occhi, di farci lodare un libro che
invece ha poche qualità e di scartare libri che forse valgono di più ma i cui
autori sono appena usciti dall’involucro, ancora sconosciuti nel mondo editoriale? Nome o libro: aperta la sfida.
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