lunedì 27 giugno 2016

Recensione: Peter Pan (testo teatrale)

Buon pomeriggio amati lettori! Prima di iniziare a studiare, condivido con voi una lettura che ho fatto sull'aereo in un solo viaggio essendo abbastanza breve. Si tratta di un titolo molto famoso, parliamo infatti del bambino che non voleva diventare adulto rifugiandosi nell'Isola che non c'è, ma non del classico romanzo che tutti conoscono. Bensì del testo teatrale dello stesso Barrie del 1904 che successivamente ha rimaneggiato la storia addolcendola. Chi è allora Peter Pan?

PETER PAN
Feltrinelli | 202 pp. | €7,50

Il 27 dicembre 1904, il teatro Duke of York di Londra mise in scena la commedia "Peter Pan. The Boy who Wouldn't Grow Up" dello scrittore scozzese Barrie. Fu un trionfo. Ma anche l'inizio di un equivoco. Le successive rielaborazioni letterarie operate dallo stesso Barrie offuscarono infatti la carica "demoniaca" del testo teatrale. L'androgino Peter incarna l'immaturità, l'archetipo di un "complesso" che affligge una consistente parte di individui moderni (tanto che c'è stato chi ha definito il fenomeno "sindrome di Peter Pan"). È anche il simbolo svolazzante del sogno utopico, come vita e come nulla. Viene qui tradotto per la prima volta in italiano il testo teatrale che ha dato origine al ciclo di Peter Pan. Si ha così l'occasione di scoprire un testo profondo e complesso, a volte ironico, estremamente bello, lontano dal classico stereotipo del "libro per bambini".



Siamo tutti cresciuti assimilando Peter Pan all'innocenza e alla età spensierata dell’infanzia, alla convinzione di credere nei propri sogni, alla capacità di continuare a conservare il bambino insito in noi per guardare sempre in un certo modo la realtà circostante. Ma nel testo teatrale del 1904, Peter Pan non presenta nessuno di questi connotati. Piuttosto, con la sua incapacità di provare emozioni, la sua apatia sentimentale, i suoi capricci egoistici, è il simbolo dell’immaturità. Non un’immaturità intesa come innocenza o ingenuità genuina, ma come incapacità di mettersi a contatto con la realtà, di considerare gli altri intorno a lui, è tutto teso a quello che gli passa per la testa, a soddisfare i suoi desideri momentanei come se fosse tutto un gioco. Peter Pan incarnerebbe quasi, testardo e saccente come è lui, l’ostinata volontà di rimanere bambini, un infantilismo radicale tragico nella sua essenza. Scrive infatti Cataluccio all'interno della prefazione:

“Ma Peter Pan ci dice qualcosa di più inquietante: abbiamo perso i genitori, i punti di riferimento saldi, siamo stati abbandonati a noi stessi, il mondo degli adulti appare sempre più un inferno, meglio fermarsi sulla soglia, rifiutare di entrarci dentro e accettare le sue atroci regole, conviene guardarsi indietro, restare bambini. Il senso della propria inadeguatezza provoca spesso il rimpianto per l’infanzia.”


E proprio questa inadeguatezza ci spinge a fermarci, a restare fuori. Ci spinge a non affrontare la vita, a chiuderci in una corazza, senza cuore, deboli. La volontà di non crescere diventa un meccanismo difensivo, una vera e propria malattia dell’anima. Bisognerebbe invece cercare di accettare con consapevolezza il processo di crescita che ci porterà ad essere adulti. E nella consapevolezza mantenere sempre accesa la fiamma dell’infanzia che non deve soffocare ma illuminare, che non deve bloccarci ma spronarci, che non deve bruciare il mondo intorno a noi ma rischiararlo. Il testo getta quindi una nuova visione, forse la più veritiera essendo la prima creata da Barrie, su un personaggio frainteso nelle rielaborazioni successive. Barrie trasforma il demone tormentato di Peter Pan in un ragazzino simpatico e affabile, dalle mille avventure e dai sentimenti più nobili. Ma in origine non era affatto così. La storia presenta comunque alcuni punti coerenti con la storia successiva, rimasta poi la più conosciuta: Peter Pan e i Bimbi Sperduti vivono una serie di avventure insieme a Wendy e i suoi due fratelli, volando lungo i sentieri dell'Isola che Non C'è (che appare meno magica e idilliaca di quanto pensassi ), affrontando in battaglia Capitan Uncino e la sua ciurma (anche qui da notare come risalta all'occhio una certa predisposizione e piacere nella violenza eseguita) e improvvisando banchetti e feste piene di storie. E' possibile notare durante la lettura come vi siano vari punti degni di attenzione e che rimarcano notevolmente questa immaturità intrinseca di Peter. Tra tutti, per fare un esempio, ho trovato emblematica l'ostinazione con cui Peter porta Wendy nell'Isola chiedendole di fare da "mamma" a tutti loro addossandole in un certo senso tutte le responsabilità e le preoccupazioni di cui lui invece si spoglia. Irresponsabilità, ansia di abbandono, solitudine, narcisismo sono le caratteristiche del personaggio e dei suoi seguaci. Peter Pan non riesce a distinguere tra finzione e realtà. Per lui sono la stessa cosa. Una visione quindi diversa della classica storia, una lettura non adatta a bambini per cui il loro Peter è un eroe, un folletto dal cappello verde che riesce a volare con polvere fatata. Una lettura impertinente, decisa, a tratti di un'ironia distorta. Siate come Peter. Ma non come questo. 

VOTO




Lo avete letto? Che ne pensate?


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