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A
Alchimia: sono una grande appassionata di storie in cui compaiono alchimisti, alambicchi, pozioni e questa particolare inclinazione la devo alla saga “Angelica Marchesa degli Angeli”. In questi romanzi storici, d’amore e d’avventura, come ricorderanno i numerosi fans, il protagonista maschile, Goffredo di Peyrac, è proprio un alchimista di eccezionale intelligenza condannato al rogo per i suoi esperimenti considerati eretici e il suo crescente potere che intimorisce perfino il Re Sole.Da quando lessi per la prima volta i discorsi sull’alchimia del conte di Peyrac, mi innamorai di questa filosofia considerata “madre” della moderna chimica e iniziai a collezionare romanzi, ma anche saggi sull’argomento.
L’obiettivo dell’alchimia non era solo la ricerca della famosa pietra filosofale o la trasmutazione dei metalli. Si trattava di un vero e proprio percorso iniziatico, esoterico, filosofico e metafisico. Una vera e propria purificazione del corpo e dell’anima che si doveva intraprendere con consapevolezza e passione per lo studio.
L’alchimia come rito d’iniziazione, di formazione per il corpo e lo spirito, dunque. La stessa parola deriva dall’arabo “Al Kimiya”, “chimica” e discende direttamente dal greco khymeya, cioè “saldare, legare insieme”. Gli arabi, come noi, hanno una grande tradizione alchemica che credo vada riscoperta e riletta per capire gli uomini del passato e una parte di Storia che non deve essere trascurata. Ho l’impressione che questo tema tornerà ancora nelle mie storie…
Assedio di Vienna: un avvenimento storico di grande importanza, troppo spesso trascurato. Eppure nel 1683 si fronteggiarono non solo due eserciti, ma due religioni e due culture che, lo si voglia ammettere o meno, hanno molto in comune e fin dalla loro nascita si sono contrapposte e, nello stesso tempo, completate a vicenda. Un rapporto non sempre facile, quindi, ma nel quale gli scambi culturali, commerciali e religiosi sono stati molteplici e non possono essere ignorati.
L’assedio di Vienna fu una di quelle battaglie in cui si decidono le sorti del mondo e la sconfitta degli ottomani destabilizzò in maniera notevole tutto l’impero e le stesse basi su cui era stato fondato.
Infatti l’impero ottomano, data la sua estensione, non era facile da controllare, una sorta di gigante dai piedi d’argilla e questo disastro militare del 1683 non fece che acuire i problemi già presenti e un senso di inadeguatezza politica e militare latente.
Lo stesso Re Sole, in un primo momento, pensò che una vittoria turca potesse giovare alla sua politica estera e far risaltare ancora di più la Francia agli occhi del mondo, donandole immenso potere. Dovette ricredersi quasi subito; gli ottomani non si trovavano lì per “fare favori” a lui; le conseguenze di un loro trionfo ed eventuali accordi diplomatici non erano, poi, così scontati né per l’Europa né per il resto del mondo.
Da ricordare, inoltre, che entrambi gli eserciti impegnati nell’assedio, che culminò nella battaglia finale, erano logorati dalla fatica e dalle malattie. Il destino del mondo cristiano e di quello musulmano si giocò proprio “sul filo di lana”.
Infine, si deve dire che questo fu il secondo assedio di Vienna. Il primo, infatti, risale al 1529, sotto Solimano il Magnifico.
Una parte di Storia da studiare e da riscoprire, quindi, insieme allo stretto rapporto tra cristiani e musulmani.
H
Infatti tra gli obiettivi degli alchimisti non c’era solo quello che tutti conosciamo, cioè trovare la mitica pietra filosofale e applicarne le proprietà di elisir di lunga vita e trasmutazione dei metalli in oro, ma anche creare la vita. L’homunculus è, dunque, una creatura leggendaria, una forma di vita dalle sembianze umane, come si dice oggi, “ricreata in laboratorio”.
Il primo a parlarne fu Paracelso (1493-1541) che spiegò, nel “De Natura Rerum”, come crearne uno.
L’homunculus, però, non fu esclusivamente l'oggetto di studio degli alchimisti occidentali, ma anche di quelli musulmani, come il celebre Jabir Ibn Hayyan (Geber).
Il Takwin era proprio questo: il procedimento per creare la “vita artificiale”.
Un esempio di "Homunculus"? Quello descritto nel Faust di Goethe, oppure, tenendo conto delle dovute differenze, il Golem del foklore ebraico.
Golem |
Non ha volontà, non ha sentimenti, né pensieri, perché composto d'argilla, cioè materia e privo d'anima. Nella leggenda il Golem è un servo dotato di forza eccezionale e può essere creato solo da chi possiede una profonda conoscenza della Kabbalah e dei significati delle lettere ebraiche.
L'opera più famosa dedicata a questa leggendaria figura è, senz'altro, "Il Golem" di Gustav Meyrink.
Curiosità: nell'ebraico moderno "golem" vuol dire anche robot e, in effetti, può essere considerato come una specie di precursore dei robot moderni in letteratura.
Mandragora |
Ha proprietà anestetiche e la forma della radice ricorda vagamente una figura umana.
Nel corso dei secoli le sono state attribuite anche proprietà afrodisiache e magiche, come la trasformazione in animali attraverso la sua preparazione in uno speciale unguento.
Come dimenticare, poi, la pianta “urlante e a forma d’uomo” in Harry Potter?
Homunculus sensitivo |
Ma c’è anche un altro esempio di homunculus, non legato all’alchimia, bensì alla medicina: l’homunculus sensitivo. E’ l’immagine che rappresenta tutti i nostri recettori cutanei, cioè la sensibilità di tutto il nostro corpo.
E’ rappresentato in modo sproporzionato e grottesco perché la sua immagine ricalca proprio le zone maggiormente ricettive, con più terminazioni nervose, come mani e bocca e che, per questo motivo, sono più grandi di altre parti.
L’homunculus sensitivo siamo noi…da dentro, in un certo senso.
L’homunculus sensitivo siamo noi…da dentro, in un certo senso.
I
Idea del racconto: mesi fa sono stata invitata dalla casa editrice La Mela Avvelenata a scrivere un racconto ucronico da inserire nell’antologia Sine Tempore, che uscirà a settembre. Ho subito pensato a questo avvenimento storico, che mi “girava in testa” da un po’ e a cui volevo dedicare un racconto o un romanzo. Quando ho finito di scrivere e consegnato, mi sono accorta che era appena uscito persino un film. Forse era tempo che se ne (ri) parlasse.
La parola jinn assomiglia molto al latino genius e, infatti, viene tradotta così oggi, ma inferno in arabo si dice “Gehenna” e non è escluso che questo termine sia legato all’origine del nome jinn.
Questa figura non è nata con l’Islam, ma esisteva già durante l’epoca preislamica (Jahiliyya, cioè ignoranza della parola di Allah).
La religione islamica, in realtà, ha contribuito a rendere i jinn delle creature in grado di portare scompiglio, ma svuotate di gran parte dei loro poteri e, quindi, del timore che possono incutere. Inoltre bisogna dire che esistono vari “tipi” di jinn (gli Ifrit sono molto conosciuti anche nella letteratura occidentale)
Un’opera interessante che si può leggere a proposito di queste figure oltre, naturalmente, Le Mille e Una Notte, è Notti delle Mille e Una notte di Nagib Mahfouz, che ha saputo reinterpretare con maestria un’opera entrata nell’immaginario collettivo mondiale.
Il Novecento vide il tramonto di questo impero ed il suo smembramento dopo una lunga fase di declino. Molti equilibri geopolitici e situazioni di grande rilevanza e portata storico hanno origine proprio nella definitiva frantumazione della Sublime Porta (da rivedere la questione della Palestina o il genocidio armeno).
In questa sede non si pretende certo la completezza, né di poter esaurire in poche righe più di 600 anni di Storia, ma questa voce può essere uno spunto per andare a rivedere argomenti già studiati, approfondire aspetti diversi (non solo leggendo, ma anche rivedendo film come “Harem Suare” di Ozpetek, ambientato proprio nella fase del declino ottomano).
Abdallah è un puro, un uomo onesto che ha sbagliato una volta sola nella vita, ma quell'unico errore rischia di costargli il futuro. Non è un debole e neppure un presuntuoso, solo un giusto che lotta per la vita e per l'amore, mettendo in gioco tutto, perfino se stesso.
Il suo "viaggio" è una vera e propria catabasi nel regno delle ombre della coscienza, nel magma oscuro che ognuno di noi tende a seppellire al di sotto della ragione; un rito di purificazione e, al tempo stesso, un modo per guardarsi dentro e dimostrarsi degno di essere ed esistere.
Per questo Abdallah è coraggioso: perché prima di sfidare i nemici, affronta se stesso, le sue paure, scendendo fino al ventre della terra, all'informe, alle Madri (ma in una interpretazione più islamica di queste, non strettamente goethiana, di ricerca della Luce perché Allah è Luce e la sua Spada, infatti, brilla di un bagliore eterno e divino).
Per il personaggio di Abdallah l'immagine che ho sempre avuto davanti è stata una sola: l'attore egiziano Hani Salama. Non molto famoso da noi, eccezion fatta per il film di Youssef Chahine “Il Destino” (1997), incentrato sulla storia del filosofo Averroè. Hani non è solo tra i miei attori preferiti, ma una sorta di vero e proprio "feticcio cinematografico e letterario" adorato fin dall'adolescenza. Una volta arrivata ad Alessandria d'Egitto, per continuare gli studi di lingua araba, scovai tutti i dvd dei suoi film grazie all’aiuto di un simpatico venditore di dischi che mobilitò altri amici di negozi vicini pur di trovarli.
Hani, un mito, così importante che ho l'impressione che lo "rivedrete" presto...
Ibrahim è il malefico jinn-alchimista che vuole assoggettare il mondo.
Divorato dall'ambizione, Ibrahim non conosce scrupoli, la sua sete di potere e ricchezza non ha limiti. Vuole tutto e lo pretende subito, compreso l'amore di Noor, non importa con quale mezzo, leale o sleale che sia.
J
Jinn: i jinn sono creature misteriose, sovrannaturali, una sorta di trickster capaci di dare alle storie in cui sono protagonisti o comprimari delle svolte inaspettate e intriganti. La figura del genio nella lampada, per esempio, è un emblema che spiega in modo efficace la natura del jinn, che sa ingannare ma anche aiutare e quasi mai è “tutto buono” o “tutto cattivo”.
I jinn possono essere malvagi, giocare scherzi terribili, ma sanno anche proteggere, poiché si trovano al confine tra il mondo degli angeli e quello dei demoni e non rispondono alle regole umane e, molte volte, neppure a quelle divine. Il loro potere non è illimitato, ma il jinn sa mentire, nascondere e questo può generare equivoci a non finire. In più sono esseri quasi evanescenti, difficili da afferrare e anche da categorizzare ed estremamente mutevoli. La parola jinn assomiglia molto al latino genius e, infatti, viene tradotta così oggi, ma inferno in arabo si dice “Gehenna” e non è escluso che questo termine sia legato all’origine del nome jinn.
Questa figura non è nata con l’Islam, ma esisteva già durante l’epoca preislamica (Jahiliyya, cioè ignoranza della parola di Allah).
La religione islamica, in realtà, ha contribuito a rendere i jinn delle creature in grado di portare scompiglio, ma svuotate di gran parte dei loro poteri e, quindi, del timore che possono incutere. Inoltre bisogna dire che esistono vari “tipi” di jinn (gli Ifrit sono molto conosciuti anche nella letteratura occidentale)
Un’opera interessante che si può leggere a proposito di queste figure oltre, naturalmente, Le Mille e Una Notte, è Notti delle Mille e Una notte di Nagib Mahfouz, che ha saputo reinterpretare con maestria un’opera entrata nell’immaginario collettivo mondiale.
O
Ottomani: no, non farò una lezione di storia sull’impero ottomano, tranquilli. Basta aprire uno dei tanti libri scritti in proposito per rievocare tutto il fascino, la magnificenza, gli intrighi, l’ascesa e il declino di un impero durato ben 623 anni, uno dei più longevi che il mondo abbia mai conosciuto. Costituito dal capostipite della dinastia ottomana, Osman I, conobbe il suo apogeo con Solimano il Magnifico e l’assedio di Vienna del 1683 segnò la fine dell’espansione ottomana che sembrava inarrestabile.Il Novecento vide il tramonto di questo impero ed il suo smembramento dopo una lunga fase di declino. Molti equilibri geopolitici e situazioni di grande rilevanza e portata storico hanno origine proprio nella definitiva frantumazione della Sublime Porta (da rivedere la questione della Palestina o il genocidio armeno).
In questa sede non si pretende certo la completezza, né di poter esaurire in poche righe più di 600 anni di Storia, ma questa voce può essere uno spunto per andare a rivedere argomenti già studiati, approfondire aspetti diversi (non solo leggendo, ma anche rivedendo film come “Harem Suare” di Ozpetek, ambientato proprio nella fase del declino ottomano).
I PERSONAGGI:
A
Abdallah: "Gli errori si pagano e si accettano, ciò che è stato non si può cambiare, ma il futuro è ancora tutto da costruire. Solo la morte può distruggere la speranza e lui era ancora lì, vivo, seppur debole. Aveva sbagliato in passato, ma cos’è la vita se non una sequenza di tentativi più o meno riusciti per afferrarla e affrontarla?"
Da "La Spada di Allah".Abdallah è un puro, un uomo onesto che ha sbagliato una volta sola nella vita, ma quell'unico errore rischia di costargli il futuro. Non è un debole e neppure un presuntuoso, solo un giusto che lotta per la vita e per l'amore, mettendo in gioco tutto, perfino se stesso.
Il suo "viaggio" è una vera e propria catabasi nel regno delle ombre della coscienza, nel magma oscuro che ognuno di noi tende a seppellire al di sotto della ragione; un rito di purificazione e, al tempo stesso, un modo per guardarsi dentro e dimostrarsi degno di essere ed esistere.
Per questo Abdallah è coraggioso: perché prima di sfidare i nemici, affronta se stesso, le sue paure, scendendo fino al ventre della terra, all'informe, alle Madri (ma in una interpretazione più islamica di queste, non strettamente goethiana, di ricerca della Luce perché Allah è Luce e la sua Spada, infatti, brilla di un bagliore eterno e divino).
Per il personaggio di Abdallah l'immagine che ho sempre avuto davanti è stata una sola: l'attore egiziano Hani Salama. Non molto famoso da noi, eccezion fatta per il film di Youssef Chahine “Il Destino” (1997), incentrato sulla storia del filosofo Averroè. Hani non è solo tra i miei attori preferiti, ma una sorta di vero e proprio "feticcio cinematografico e letterario" adorato fin dall'adolescenza. Una volta arrivata ad Alessandria d'Egitto, per continuare gli studi di lingua araba, scovai tutti i dvd dei suoi film grazie all’aiuto di un simpatico venditore di dischi che mobilitò altri amici di negozi vicini pur di trovarli.
Hani, un mito, così importante che ho l'impressione che lo "rivedrete" presto...
I
Ibrahim: "Voleva tutto: il trono e Noor, e li avrebbe avuti a qualunque costo".
Tratto da "La Spada di Allah".Ibrahim è il malefico jinn-alchimista che vuole assoggettare il mondo.
Divorato dall'ambizione, Ibrahim non conosce scrupoli, la sua sete di potere e ricchezza non ha limiti. Vuole tutto e lo pretende subito, compreso l'amore di Noor, non importa con quale mezzo, leale o sleale che sia.
Stanco di intrighi intessuti con maniacale pazienza all'ombra della Sublime Porta, ritiene sia giunta l'ora di occupare il posto che gli spetta...sul trono.
Se dovessi dare un volto a Ibrahim, sarebbe proprio quello, deciso, inquietante, dotato di una sorta di forza compressa, del mio attore preferito in assoluto: Christopher Walken. Lo vidi per la prima volta nel film “Il Cacciatore” e, da allora, ho sempre seguito la sua carriera. Un film tra tutti quelli che ha fatto per farlo scoprire a chi non lo conosce? “King of New York”, regia di Abel Ferrara.
La principessa Noor è tanto bella quanto fiera, anima da guerriera in un corpo perfetto. Una figura attuale, una donna che non accetta di subire passivamente la volontà degli altri, degli uomini in special modo, decisa a tutto pur di difendersi e dotata di un coraggio che non lambisce mai l'incoscienza. Nel suo cuore non c'è traccia di arroganza, benché Noor non si possa certo definire umile.
Nata ed educata per essere una principessa, è perfettamente consapevole di discendere da una orgogliosa razza di sultani guerrieri e devoti ad Allah e da loro trae il coraggio per lottare e la dignità per sopravvivere alle tempeste della vita.
Non si fa illusioni Noor, sa cosa vuol dire essere donna tra le mura sigillate di un harem, ma questo non fa che rafforzare il suo proposito di scegliersi il destino perché, se da una parte l'amore è una catena che lega due anime, dall'altra può essere la chiave per la libertà...
Per Noor ho pensato alla bellissima attrice indiana Aishwarya Rai, con i suoi occhi vivi, stupendi e i capelli lunghi e lucenti. Tra i personaggi de “La Spada di Allah” di cui ho parlato sulla mia pagina fb, Noor è stata la più amata e apprezzata, forse per la bellezza, ma credo ci sia un motivo più profondo: il coraggio che le dona la forza di sperare. Noor è un personaggio da fiaba e di questi tempi c’è gran bisogno di sognare.
Il principe Sharif non è solo un uomo arrogante, amante del potere e della ricchezza. E' un esaltato, dotato di lucida follia, un uomo per cui la religione è soltanto una facciata, la moschea il luogo in cui prostrarsi prima davanti alla magnificenza del sultano, poi di fronte ad Allah e la Sublime Porta un simbolo di gloria personale, una sorta di ariete con cui sbaragliare le difese nemiche.
Non ha regole, Sharif, né limiti. Dotato di una raffinata mente politica, incline all'intrigo e alla corruzione, non esita a servirsi di qualunque mezzo, se sleale ancora meglio, pur di ottenere ciò che vuole.
Il suo cuore è un deserto senza oasi.
L'attore egiziano naturalizzato tedesco Mido Hamada incarnerebbe perfettamente l'indole oscura di Sharif. (Forse lo avete visto in "I Sussurri del Deserto" in onda poche sere fa su Rai Uno, oppure in Sky Captain and The World of Tomorrow).
Spada di Allah: «In un tempo dimenticato» proseguì Faqr, «in un mondo che non era ancora il nostro mondo, Allah vedendo la malvagità degli uomini pianse». «E le sue lacrime si trasformarono nella lama della spada, mentre l’impugnatura venne forgiata dai primi uomini per non dimenticare il male commesso e il dolore arrecato all’Onnipotente» concluse Giahl.
Tratto da “La Spada di Allah”
La Spada di Allah è un emblema, un simbolo di purezza. Lacrime divine tramutatesi in lama su un'impugnatura forgiata da mano umana. E’ la coscienza che trafigge i cuori degli uomini, la voce interiore con cui tutti, presto o tardi, devono fare i conti. Una sorta di Excalibur islamica, strettamente legata al tema del viaggio. La Spada è un’arma che non deve cadere nelle mani sbagliate, un po’ come la nostra libertà di pensiero. Possiamo decidere se non tutto, almeno gran parte del nostro destino, ma questo vuol dire scegliere, lottare, soffrire, ascoltare la “voce interiore” anche quando vorremmo zittirla, assumerci la responsabilità di guardarci dentro e poi procedere dritti per il nostro cammino e questo richiede del coraggio, ma anche i consigli dei buoni amici fidati…
Viaggio: il tema del viaggio come catabasi, iniziazione, formazione è già stato trattato nelle voci dedicate ad Abdallah, all’alchimia e alla Spada, ma c’è un altro aspetto: viaggiare è sempre stata un’occasione di conoscenza sia per noi occidentali (molti sono gli esempi di esploratori nel mondo arabo-islamico) che per i grandi viaggiatori musulmani (uno su tutti, Ibn Battuta).
Il viaggio, per me, è vita che si aggiunge alla vita, perché quando partiamo siamo pronti a “deviare” in senso buono dalla nostra esistenza quotidiana per vivere in un altro posto e confrontarci con abitudini, lingue e religioni diverse. E’ davvero un arricchimento non solo interiore (come per Abdallah), ma anche culturale e sociale. Ripenso sempre con grande affetto al periodo che ho trascorso ad Alessandria d’Egitto e credo sia stata una delle esperienze più belle e importanti della mia vita finora.
Se dovessi dare un volto a Ibrahim, sarebbe proprio quello, deciso, inquietante, dotato di una sorta di forza compressa, del mio attore preferito in assoluto: Christopher Walken. Lo vidi per la prima volta nel film “Il Cacciatore” e, da allora, ho sempre seguito la sua carriera. Un film tra tutti quelli che ha fatto per farlo scoprire a chi non lo conosce? “King of New York”, regia di Abel Ferrara.
N
Noor: "Tra i pochi membri della famiglia reale, ai quali il nuovo sultano aveva deciso di risparmiare la vita, vi era la principessa Noor, una delle più agguerrite ribelli alla nuova politica della Sublime Porta. Il suo atteggiamento indisponente, però, le era costato l’isolamento e la diffidenza di molti".
Tratto da "La Spada di Allah".La principessa Noor è tanto bella quanto fiera, anima da guerriera in un corpo perfetto. Una figura attuale, una donna che non accetta di subire passivamente la volontà degli altri, degli uomini in special modo, decisa a tutto pur di difendersi e dotata di un coraggio che non lambisce mai l'incoscienza. Nel suo cuore non c'è traccia di arroganza, benché Noor non si possa certo definire umile.
Nata ed educata per essere una principessa, è perfettamente consapevole di discendere da una orgogliosa razza di sultani guerrieri e devoti ad Allah e da loro trae il coraggio per lottare e la dignità per sopravvivere alle tempeste della vita.
Non si fa illusioni Noor, sa cosa vuol dire essere donna tra le mura sigillate di un harem, ma questo non fa che rafforzare il suo proposito di scegliersi il destino perché, se da una parte l'amore è una catena che lega due anime, dall'altra può essere la chiave per la libertà...
Per Noor ho pensato alla bellissima attrice indiana Aishwarya Rai, con i suoi occhi vivi, stupendi e i capelli lunghi e lucenti. Tra i personaggi de “La Spada di Allah” di cui ho parlato sulla mia pagina fb, Noor è stata la più amata e apprezzata, forse per la bellezza, ma credo ci sia un motivo più profondo: il coraggio che le dona la forza di sperare. Noor è un personaggio da fiaba e di questi tempi c’è gran bisogno di sognare.
S
Sharif: «...Dai l’ordine alle truppe a Vienna di attaccare. Voglio conquistare il mondo!» gridò esaltato il principe, spalancando le braccia.
Principe Sharif (tratto da "La Spada di Allah").Il principe Sharif non è solo un uomo arrogante, amante del potere e della ricchezza. E' un esaltato, dotato di lucida follia, un uomo per cui la religione è soltanto una facciata, la moschea il luogo in cui prostrarsi prima davanti alla magnificenza del sultano, poi di fronte ad Allah e la Sublime Porta un simbolo di gloria personale, una sorta di ariete con cui sbaragliare le difese nemiche.
Non ha regole, Sharif, né limiti. Dotato di una raffinata mente politica, incline all'intrigo e alla corruzione, non esita a servirsi di qualunque mezzo, se sleale ancora meglio, pur di ottenere ciò che vuole.
Il suo cuore è un deserto senza oasi.
L'attore egiziano naturalizzato tedesco Mido Hamada incarnerebbe perfettamente l'indole oscura di Sharif. (Forse lo avete visto in "I Sussurri del Deserto" in onda poche sere fa su Rai Uno, oppure in Sky Captain and The World of Tomorrow).
Spada di Allah: «In un tempo dimenticato» proseguì Faqr, «in un mondo che non era ancora il nostro mondo, Allah vedendo la malvagità degli uomini pianse». «E le sue lacrime si trasformarono nella lama della spada, mentre l’impugnatura venne forgiata dai primi uomini per non dimenticare il male commesso e il dolore arrecato all’Onnipotente» concluse Giahl.
Tratto da “La Spada di Allah”
La Spada di Allah è un emblema, un simbolo di purezza. Lacrime divine tramutatesi in lama su un'impugnatura forgiata da mano umana. E’ la coscienza che trafigge i cuori degli uomini, la voce interiore con cui tutti, presto o tardi, devono fare i conti. Una sorta di Excalibur islamica, strettamente legata al tema del viaggio. La Spada è un’arma che non deve cadere nelle mani sbagliate, un po’ come la nostra libertà di pensiero. Possiamo decidere se non tutto, almeno gran parte del nostro destino, ma questo vuol dire scegliere, lottare, soffrire, ascoltare la “voce interiore” anche quando vorremmo zittirla, assumerci la responsabilità di guardarci dentro e poi procedere dritti per il nostro cammino e questo richiede del coraggio, ma anche i consigli dei buoni amici fidati…
V
Viaggio: il tema del viaggio come catabasi, iniziazione, formazione è già stato trattato nelle voci dedicate ad Abdallah, all’alchimia e alla Spada, ma c’è un altro aspetto: viaggiare è sempre stata un’occasione di conoscenza sia per noi occidentali (molti sono gli esempi di esploratori nel mondo arabo-islamico) che per i grandi viaggiatori musulmani (uno su tutti, Ibn Battuta).
Il viaggio, per me, è vita che si aggiunge alla vita, perché quando partiamo siamo pronti a “deviare” in senso buono dalla nostra esistenza quotidiana per vivere in un altro posto e confrontarci con abitudini, lingue e religioni diverse. E’ davvero un arricchimento non solo interiore (come per Abdallah), ma anche culturale e sociale. Ripenso sempre con grande affetto al periodo che ho trascorso ad Alessandria d’Egitto e credo sia stata una delle esperienze più belle e importanti della mia vita finora.
Che ne pensate di questo dizionario? =D
Ma tu guarda che si son inventati ahha
RispondiEliminaChe idea simpatica!
Sono contenta che ti piaccia :-) E' un esperimento sui vari riferimenti presenti nel mio racconto :-)
EliminaFrancesca Rossi